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Nada Moretto

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Critica: Enzo Santese, critico d'Arte

La pittura come forza percettiva dei segnali segreti del reale

Il rilievo della realtà circostante è sommosso da una variabilità di forme direttamente proporzionale allo stato d’animo del momento in cui l’esistente viene fissato e utilizzato come pretesto per un’avventura dell’immaginazione e del pensiero. Nell’artista che interpreti il fatto poetico fuori dal rischio di un bell’esercizio di scrittura c’è sempre il dato di una connessione profonda tra la sua vita e quella degli altri, fra i suoi tremori di fronte al mondo contemporaneo e la necessità di raffrenarli nelle poche sicurezze offerte dall’indole, fra i segnali della natura e la sua capacità di recepirli dentro una cifra che li trasforma in energia. Nada Moretto, dopo la formazione scolastica che l’ha avviata alla professione di grafica pubblicitaria, si è accostata alla pittura quasi in misura episodica per il puro diletto di fermare sulla pagina bianca il tratto saliente delle sue reazioni di fronte al bello delle stagioni, all’interessante dell’essere umano, al sollecitante della fantasia. Fine anni ’90 inizia un processo di graduale trasformazione: il concetto di una pratica adatta a soddisfare le esigenze estetiche dello sguardo trapassa a una ricerca più propria delle ragioni del cuore, come dire che Nada Moretto assume la consapevolezza che l’espressione artistica raccoglie stimoli esterni ma sempre sull’onda di precise, autentiche spinte interiori. Nei modi di accostamento ai fenomeni naturali e di studio attento delle presenze vegetali, ha seguito due vie tra loro convergenti per imprimere il segno della propria riconoscibilità nelle composizioni pittoriche: da una parte ha accordato il previlegio alla definizione del ritratto di una determinata porzione di realtà esterna, da un altro lato ha insistito con l’indicazione del percorso dal dettaglio fino alla fisionomia della metafora. Così l’artista in questi anni è andata maturando una propria visione del mondo, rappresa nella dimensione figurale del fiore. Lo scavo introspettivo comincia a registrare assonanze capaci di essere emblematicamente rappresentate dai dipinti. Nella tensione figurativa il dato fantastico e onirico si presentano con movimento di linee nella nervatura del tema e vibrazioni intense sul piano cromatico. Infiorescenze colte in primo piano e dettagli floreali si campiscono all’interno del quadro, esibendo la forza di una tessitura che lascia trapelare l’essenza di creature nate dalla forza magmatica dell’impasto e sistemate in evidenze figurali, dove il bianco ha una funzione portante anche quando non appare come il colore dominante.

Affascinata dalle geometrie del mondo vegetale, Nada Moretto sceglie di volta in volta soggetti floreali che rispondano a un’idea di rigore formale nello spazio e di bella combinazione con la luce. È il caso per esempio del periodo delle calle (e anche dei papaveri), creature esposte alla luce mutevole dell’ambiente, ma soprattutto dell’umore personale dell’artista, trasposto su una superficie impressa da una stesura a pennellate larghe e avvolgenti; in tal modo interpreta la relazione diretta tra il suo mondo interiore e le tonalità e i colori dello scenario circostante, di cui i dati morfologici e cromatici del fiore costituiscono una sintesi perfetta. L’artista sembra ricercare nell’armonia dell’universo fisico quei dettagli minimi che sotto la lente d’ingrandimento della sua passione per il bello diventano importanti piattaforme di lancio verso approdi di pace e serenità, che solitamente la vita quotidiana mette in sordina perché dominata dal mito della velocità e dall’abitudine conseguente all’indifferenza per le cose che meriterebbero indugi ben più lunghi e significativi.

La sua ricerca ha registrato un progressivo slancio a svincolarsi gradatamente dalle precedenti acquisizioni per abbracciare sempre nuovi orizzonti creativi, dentro una matrice di coerente adesione all’universo simbolico, così come le viene suggerito dalle atmosfere dei luoghi frequentati, dai colori cangianti delle stagioni, dalle note metamorfiche dell’esistente così ben visibili nei tratti vegetali. E ora, dopo le tensioni dinamiche delle fasi precedenti, in cui l’elemento floreale si sbalzava da un fondo magmatico in movimento, quello stesso fondo ha calamitato nel vortice gestuale anche i lineamenti delle sue creature immergendole quasi nell’illusione di un ambiente liquido; esse, peraltro, non hanno perso la possibilità di essere lette in un contesto dove l’energia della natura si quantifica in una densa matericità. Questa innesca con la luce dell’ambiente un gioco di variabili dosaggi di luminosità su rilievi e avvallamenti dell’impasto, quasi mosso da un’energia sotterranea che emblematicamente è la forza della natura capace di dar corpo e vita alle sue creature. Lo spazio pittorico si tende in una sorta di dilatazione, mentre la presenza vegetale lascia evaporare talora il limite del proprio corpo e la sua definizione nei variegati rapporti cromatici dei verdi che debordano nei blu, nei rossi che si aprono a un ventaglio di gradazioni capaci di sommuovere la tessitura medesima della figura, nei bianchi che danno rilievo plastico a corolle, calici, petali e steli.

C’è indubbiamente un gusto per il colore che muove l’artista verso esiti sempre diversi, pur utilizzando Nada Moretto il medesimo tema, articolato nei mille modi delle sue forme.

Nel nostro tempo, intrecciato profondamente con le regole e i ritmi della logica digitale diffusa a ogni livello nella pratica delle arti, è un fatto di incisivo rilievo che l’artista abbia il piacere di impegnare vari sensi nell’approccio al fatto creativo, come “percepire l’odore dei colori a olio, sporcarsi le mani e i capelli con l’impasto” e assistere al lento formarsi del pensiero tradotto sulla superficie in immagine, che fluttua di fronte agli occhi in un percorso che arriva all’anima da cui è scaturita.

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