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Renza Moreale

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Critica di Giancarlo Bonomo

Silenzio e attesa

 

Dovessi definire in una parola l’arte di Renza Moreale, direi: lirica. Perché ella muove in noi corde sottili dell’anima con una sentimentalità naturale esaltata da una tecnica fine, ricercata ma non affettata nella leziosità compiacente della maniera tradizionale.

La Moreale è pittrice di taglio accademico che tuttavia non rimane impigliata nella sterile reiterazione di motivi classici o cliché precostituiti. Lo stile – così squisitamente riconoscibile come fatale delizia dello sguardo – si delinea con soffici “nuance” di colore acceso, coniugato con quella luce vera che tutto definisce. Il suo mondo si intravede come attraverso un cristallo prezioso e sottile, fragile come un sogno di mezza estate. Emergono allora particolari favòlici in cui conchiglie, fossili e forme zoomorfe del mare testimoniano la presenza di vite antiche così come i fiori, bellissimi, ed i veli simbolo di un raccolto e metafisico silenzio.

Ma è nella risoluzione cromatica e nel relativo studio dei toni che la pittrice rivela la sua vocazione ad un’arte di essenza più che di apparenza, non solo di effetto ma anche di causa che determina un’espressione visiva a lungo indagata nelle proprie infinite ragioni. Questo perché la pittura segue sempre il pensiero che si determina nei piani della mente, dalla coscienza fino ai meandri dell’inconscio.

Nel caso di questa pittrice, le situazioni d’atmosfera evocano un cosmorama governato da una ragione lucida dove pochi elementi compongono una scena sovente essenziale e discreta, quasi minimalista. Il silenzio e l’attesa, tuttavia, non ci restituiscono inquietudine o timore perché sentiamo un qualcosa di intensamente vicino.

Noi che guardiamo ci sentiamo guardati, e tutto è molto strano. Vorremmo poter spiegare, ma, per citare Dante, il “dire è corto” e sicuramente inadeguato.

Nel mondo di Renza c’è Vita. Davvero.

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